Spesso mi sono sentita fare dei complimenti per le foto dove appaio durante eventi mondani fra celebrità, capitani d’industria e politici. E ogni volta devo precisare che, nella maggior parte dei casi, la mia presenza in quelle occasioni è dovuta a motivi professionali. Di recente, per esempio, sono stata alla cena di gala dei Cavalieri del lavoro nello splendido palazzo Ducale di Genova, ma il mio compito lì era quello di allestire quella venue ricca di storia e di arte seguendo il tema dell’incontro: l’acqua.
Per rispettare la personalità delle sale del palazzo ho scelto un approccio minimal, che potete vedere anche nel reel dedicato a questa serata sul mio profilo Instagram, utilizzando il fior di loto, fiore acquatico per eccellenza. Certo, poi spesso fa piacere incontrare persone interessanti con cui condividere momenti gradevoli di convivialità, ma ormai avreste dovuto imparare a conoscermi: per me l’ispirazione, e il desiderio di condividerla con gli altri, vengono prima di tutto.
Mi è successo anche durante una mostra, quella volta ero davvero solamente un’ospite, dedicata alla storia della marina militare italiana. Giravo all’interno dell’allestimento ammirando le splendide foto in bianco e nero, i meravigliosi oggetti che mi trasmettevano attraverso la pelle una storia fatta di traversate marine e di avventure, i diari di bordo che riflettevano la personalità dei capitani di quelle storiche navi attraverso le differenti calligrafie dei loro scritti. E di capitani quelle sale erano pieni: lo dimostravano tutti i cappelli da alta uniforme raccolti nel guardaroba all’ingresso. Quando mi accorsi di quella meravigliosa raccolta, chiesi subito alla signora che li custodiva di poterli fotografare: “Impossibile” mi disse, restando impermeabile a ogni mia supplica.
Mentre cercavo di contrattare la possibilità di riprendere anche solo per un momento quella meravigliosa raccolta, sentii una presenza autorevole dietro di me, che con una voce profonda chiese “Che cosa succede?”. Gli spiegai che ero affascinata dalla sublime fattura di quei cappelli, dalla preziosità delle loro decorazioni, dai contrasti suggestivi fra il bianco, l’oro e il blu, ma che purtroppo non mi davano la possibilità di fotografarli. “E perché mai?” proseguì l’ammiraglio con la sua voce profonda “Secondo me può, vero signora?” concluse rivolgendosi alla guardarobiera, che si fece da parte e mi lasciò passare, quasi scandalizzata dalla mia ulteriore richiesta di poterli spostare per allestire un set dove potessero offrire il meglio di sé al mio obiettivo. Non mi accorsi del tempo che passava, incantata dal disegno di quei fregi che avevo in mente di riprodurre nei miei prossimi disegni, e sentendo lungo la schiena il brivido dei racconti che sussurravano silenziosamente alla mia anima. E non mi accorsi nemmeno che, alle mie spalle, l’ammiraglio che mi aveva aperto l’ingresso a quel paradiso mi guardava sorridendo.
“Lei ha un legame profondo con la Marina” mi disse quel personaggio misterioso e affascinante, e non potei che rispondergli affermativamente. “Non era una domanda” proseguì, iniziando un racconto suggestivo sul fatto che, in tutta la sua vita, aveva sviluppato una particolare sensibilità per la storia delle persone, e compresi presto che per storia intendeva non soltanto quella biologica. Mi chiese se credevo nella reincarnazione, e chi pensavo avessi potuto essere nelle mie vita precedenti. Sinceramente non avevo mai preso in considerazione l’ipotesi di vite precedenti alla mia, e quindi risposi in modo ironico citando il soprannome che mi ero data: “Non saprei… una principessa?” “Non credo proprio” mi rispose “l’ho vista come impietrita davanti alle immagini della mostra dedicata all’esplorazione dell’Antartide. Lei odia il freddo, vero?”
Chi mi conosce lo sa: il freddo lo detesto, non riesco a sopportare la sua morsa gelida sul mio corpo, che si trova a suo agio, piuttosto, nei climi tropicali delle isole o ascoltando il torrido e imperioso richiamo del deserto. L’ammiraglio, però, non mi conosceva e questa sua affermazione mi sorprese, gli chiesi quindi come facesse a saperlo. Non me lo disse subito, ma durante la cena di gala continuava a guardare con insistenza uno spazio vuoto fra la mia sedia e quella di mio marito. A lungo andare questi sguardi cominciavano a imbarazzarmi, e mi decisi quindi a chiedere che cosa stesse fissando. “Non cosa” mi rispose “Direi piuttosto chi…” . E mi disse di vedere dietro alle mie spalle, come se stesse proteggendomi, la figura di un vecchio Capitano di marina con una stampella, raccontandomi l’incredibile storia di quest’ uomo, vittima di un naufragio nei mari del nord, e di come la lunga permanenza nelle acque gelide in attesa dei soccorsi avesse danneggiato in modo permanente le sue gambe.
Sorrisi per mascherare l’imbarazzo, e come per non pensarci continuai a chiacchierare in modo brillante con gli altri vicini di tavolo, fino al momento dei saluti. L’Ammiraglio mi si avvicinò, e mi fece un inchino togliendosi il meraviglioso cappello che aveva ripreso dal guardaroba. “Posso permettermi?” mi chiese, poggiandomi il cappello sulla testa.
Poi, guardandomi dritto negli occhi, mi salutò dicendomi: “Arrivederci, Capitano”.