All’inizio della mia carriera artistica, creavo, producevo e commercializzavo solo per operatori del settore, esponendo ciò che realizzavo alle due edizioni del MACEF di Milano, che oggi si chiama HOMI, e al Salone Nautico di Genova, una delle prime fiere nautiche al mondo. Ho sempre avuto una grande fortuna e gli incontri che nella vita mi hanno permesso di concretizzare i miei sogni sono sempre stati quelli casuali, quelli che non ti aspetti, che capitano da un momento all’altro, magari in posti in cui neanche ci dovresti essere! Per esempio l’incontro con il mio amministratore di fiducia mi ha permesso di continuare a non sapere quanto valesse una lira e ad oggi a non conoscere il valore dell’euro.
Questa condizione mi ha permesso di vivere in uno stato di oblio in cui posso disinteressarmi alle banche e alle tasse, cosa che ogni giorno riconosco essere un lusso per pochi.
Sono consapevole del rischio che corro se l’amministratore si dovesse dileguare da un momento all’altro con tutti i miei soldi, ma la cosa divertente è che, non sapendo neanche quanti ne possiedo, non mi potrei nemmeno disperare, o meglio, non saprei fino a che punto poterlo fare! Presenziavo di persona a tutte le fiere, per ascoltare i miei clienti: ricordavo ogni singolo commento, ogni richiesta, ogni viso e ogni loro racconto nel minimo dettaglio; ricordavo anche i loro respiri, linfa preziosa per la mia mente e per il mio spirito creativo. Di loro non mi sfuggiva nulla, a parte un piccolo dettaglio: i loro nomi, cognomi e i ruoli che ricoprivano nelle rispettive aziende!
Si, lo so, potrebbe suonare strano, ma sono coerente con me stessa: non ricordo in che anno siamo, in che mese, che giorno è e che ore sono, ma sono fermamente convinta che si possa vivere bene anche senza saperlo. Mi divertiva notare che quando presentavo le mie collezioni in colore blu, la domanda di rito era sempre: “Perché non le avete realizzate in color sabbia?” e quando le presentavo in color sabbia, beh, lascio a voi le conclusioni…! Queste richieste condizionavano la commerciale che attentamente tentava di orientare le mie scelte per l’esibizione successiva. Nonostante la mia scrupolosa attenzione alle richieste raccolte e ai suggerimenti interni della ditta, capitava molto spesso che all’ultimo invertivo la mia rotta modificando tutto all’ultimo. Mi chiedevo: “Questa sarà la volta del blu o del sabbia?” “No, forse del verde o del bordeaux”, consigliava la commerciale unanime allo staff, “Il Natale si avvicina…”
In quell’occasione decisi il color tabacco unito a pergamena naturale con dipinti a mano. Non so cos’era, ma sentivo qualcosa, qualcosa che mi spingeva a pensare che quella era la scelta giusta. Dopo la mia decisione, in ditta lo staff iniziò a sollevare seri dubbi in merito alla scelta del colore dato che nessun cliente l’aveva mai richiesto. All’inaugurazione dello stand, come da copione, la paura, i dubbi, i sensi di colpa si impadronivano di me e raramente mi lasciavano degli attimi in cui poter tirare un sospiro di sollievo. I primi visitatori sembravano sorpresi come lo ero anch’io: questa volta nessuno chiedeva informazioni e ciò non faceva altro che aumentare la mia insicurezza. Iniziai a pensare di aver sbagliato qualcosa e che sarebbe stato meglio ascoltare i consigli dei miei collaboratori, soprattutto sulla scelta del colore. Ad un tratto però, tutte quelle preoccupazioni e quelle ansie che sembravano divorarmi dentro, svanirono in un istante: vidi il sorriso di una donna, di una donna bellissima, talmente bella che era impossibile non notare. Entrata nello stand esclamò “Che meraviglia! Giurerei di non aver mai visto nulla di più bello al MACEF” e in quel momento rimasi senza parole. Era la compratrice di Ferragamo. Rimasi in silenzio e lei aggiunse: “I colori e la loro armonia che vedo nel tuo stand sono in perfetta comunione con il nostro brand.” Sentii il cuore palpitare dalla gioia. Fissammo un appuntamento a fiera ultimata e poi ci salutammo. Ero così fiera e così appagata dal mio lavoro e dentro di me sentivo finalmente di aver fatto la cosa giusta.
Dopo una settimana, al mio laboratorio, si presentò proprio lui: James Ferragamo, con il suo ricercato gruppo di stilisti. Da perfetti sconosciuti, entrammo immediatamente in sintonia, respirando le stesse energie e parlando la stessa lingua. Chi disegnava sul tavolo da lavoro, chi in ginocchio modificava materiali, chi dava forma al proprio pensiero perdendosi nelle stanze… Era un gioco bellissimo, che ci permetteva di sognare ad occhi aperti creando qualcosa di unico nel suo genere. Ma si sa, tutte le cose belle finiscono, e anche quella giornata volse al termine. Grazie a quella magica sinergia nata in laboratorio, concretizzammo i due prototipi di borse che James avrebbe esposto a Portofino. Ciò che mi emoziona più di ogni altra cosa non riguarda solo il fatto di aver dato una buona impressione a uno dei marchi della moda più importanti del mondo o di aver successivamente collaborato con lui, ma ciò che mi fa venire le farfalle nello stomaco è che tutto ciò sia nato dalla cosa più preziosa e spontanea che l’essere umano possiede, ovvero da un sorriso!