princess 17

Principessa 17

Ve lo dico subito, così evitiamo ogni equivoco: “Principessa17” non è il mio nickname. Non mi troverete con questo pseudonimo a pubblicare foto filtrate su Instagram di una vita che sogno ma che non mi appartiene, anche perché la vita che sogno è quella che faccio, e che mi sono costruita da sola, giorno dopo giorno. E nemmeno lo userò per commentare su Twitter e su Facebook i post di celebrity o influencer, né per esaltarli, né per criticarli: io faccio il mio, gli altri facciano quello che vogliono o quello che possono, cercando di essere ugualmente felici.

17, poi, non è nemmeno la mia età. Lo è stata, certo, qualche tempo fa, ma non così tanto da fare del 17 il mio anno di nascita: diciamo che mi colloco a una giusta distanza, e con una certa soddisfazione, fra questi due estremi anagrafici. Insomma, ho l’età giusta per iniziare a pensare di scrivere le cose, spesso divertenti e spero interessanti, che mi sono capitate, le persone che ho conosciuto, i posti che ho visitato. Quando sono nata era, ovviamente, il giorno 17 del 7 alle ore 17 e no, l’anno non ve lo dico, tanto più o meno ci arriverete dai riferimenti che farò quando inizierò a raccontare.

Per darvene uno, la mia carriera lavorativa è iniziata al fianco di un vero genio della moda, Elio Fiorucci, che era riuscito a colorare di fantasia e creatività quella Milano degli anni settanta che in troppi continuano a ricordare come “gli anni di piombo”, ma che per la mia crescita personale e professionale sono stati anni d’oro. Secondo indizio: il 17 febbraio 1984 ho ricevuto il mio primo ordine per gli oggetti che avevo iniziato a progettare l’anno prima, durante una indimenticabile vacanza in barca a vela.

Ero affascinata dalle cime, dalla sapienza antica con cui erano intrecciate, dalle curve morbide e sinuose che regolavano il loro movimento sul ponte, dai riflessi argentati di cui si vestivano quando si tuffavano fra le onde incorniciate da branchi di delfini. Così ho iniziato a toccarle, ad accarezzarle, a muoverle con lentezza cercando di prendere a prestito la loro forza e la loro storia per creare le forme che il cuore suggeriva alla mia immaginazione. Ecco, vi ho dato altri due brevi trailer delle storie che vi racconterò nelle prossime pagine, divagando come faccio sempre quando mi metto a raccontare, senza nemmeno spiegarvi il termine “Principessa”. Credeteci o no, dichiararmi principessa è stato il mio primo modo di affermare in modo deciso la mia autonomia, in un mondo popolato da uomini.

Ero molto carina da giovane, e per questo mi chiamavano spesso a fare da hostess negli stand delle fiere che, allora, erano prevalentemente frequentate da uomini d’affari in libera uscita dagli uffici e dalle famiglie. Un po’ per sentirsi cacciatori, un po’ per sfoggiare con i colleghi e i concorrenti la magnificenza delle loro ruote di pavone, questi signori facevano i piacioni con tutte noi ragazze che, a loro sembrava quasi impossibile, stavamo lavorando. Anche allora, da giovanissima, ho sempre considerato il lavoro come il primo passo che una donna può fare per conquistarsi una vera indipendenza, e non sopportavo che la prima domanda che mi veniva rivolta fosse, immancabilmente, quella che mi rinchiudeva in un ruolo che mi sentivo stretto e scomodo. “Signora o signorina?” mi chiedevano appena entravo nello stand. Così, per spiazzarli, mi sono inventata una risposta: “Principessa. Mi chiami pure principessa”.

E a furia di ripeterla, mentre mi divertivo alle reazioni stupite e obbedienti di tutti quei compiti uomini d’affari in giacca e cravatta, ho iniziato a credere davvero che ogni donna abbia il diritto di sentirsi e di dichiararsi principessa, senza bisogno di essere figlia di un re, o di incontrare uno dei noiosi principi azzurri delle fiabe, sempre occupati a correre dietro a una scarpina di cristallo, che fra l’altro deve essere davvero molto scomoda. E se davvero vogliamo che le nostre zucche si trasformino in carrozze, non abbiamo bisogno di fate madrine: la nostra vera magia, perché oltre che principesse siamo anche un po’ fate, è nella capacità di dare una nuova vita alle cose che ci circondano.

Io l’ho fatto, e continuo a farlo con lo stesso impegno e lo stesso divertimento di quando ho cominciato: le cime che ho accarezzato durante quella vacanza si sono trasformate in complementi d’arredo e sculture che hanno viaggiato per il mondo a bordo di yacht da sogno, conquistando grandi armatori e veri principi, e vi racconterò anche di quelli: adesso è proprio il momento di iniziare a farlo. Parola di Principessa 17.