Reinventing nautical rope

REINVENTARE LA CIMA

Vi ho già raccontato come il mare abbia cambiato la mia vita: riassumendo, ero in un momento difficile, una delusione d’amore per raccontarvela fino in fondo, e la bellezza della volute che le cime disegnavano sul tek della barca che ospitava i miei pensieri mi ha subito conquistato.

Ho iniziato a giocarci, muovendola con le mie mani per scoprire quali forme potesse assumere annodandola, spostandola, facendola girare più volte su sé stessa…

A ogni movimento, la materia che avevo tra le mani mi restituiva tutta la meraviglia del mare e, insieme, tutta la voglia di ricominciare a dare una forma tutta nuova anche alla mia esistenza: ed è quello che ho fatto, non appena rientrata a casa.

Dalle cime annodate fra loro è nato il mio primo quadro, potete leggere la storia completa a questo link, e da quello una serie di richieste sempre più particolari e interessanti: un vassoio, e mille altri oggetti.

Ho scoperto, provando e riprovando, che le cime potevano essere unite fra loro in modo invisibile: non racconterò la tecnica, di cui sono molto orgogliosa, e che contiene dei piccoli segreti di cui ancora nessuno è riuscito ad appropriarsi appieno. Ho inventato il modo per impreziosirle rivestendole d’argento, trasformandole in qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima di me. Infine, ho scoperto come dare loro un’anima.

Intendiamoci, un’anima nel senso spirituale le cime ce l’hanno già, è quella che hanno ereditato dal mare per cui sono nate. L’anima di cui parlo è qualcosa di molto più fisico, e serve a dare alla cima tutte le forme che voglio garantendo che vengano mantenute nel tempo.

Questa ricerca è nata dalla richiesta di un americano, bello come il sole, che era venuto a trovarmi nella mia casa laboratorio e, come succede a tutti ma agli americani in modo ancora più esplosivo, se ne era innamorato. Mi chiese di realizzargli una lampada fatta con la cima: detto, fatto. Le mie mani hanno intrecciato una cima che avevo lì sul tavolo e ho creato la forma di quella che sarebbe stata una lampada.

Ma, come si dice, fra il dire e il fare c’è di mezzo, appunto, il mare. Un mare, in questo caso, di tentativi e di ricerche per fare in modo che la lampada riuscisse a restare in piedi, che potesse contenere il filo elettrico necessario per farla accendere… Insomma, tante specifiche tecniche cui il mio impulso creativo non aveva assolutamente pensato.

Come sempre, io vedo già materializzato ciò che sta nella mia mente, e soltanto dopo mi interrogo su come realizzarle, ma devo dire che riesco sempre a ottenere quello che avevo in mente: ci vuole molta tenacia, tanta pazienza e, lo devo ammettere, qualche lacrima.

Ma quando vedo negli occhi dei miei clienti l’entusiasmo per il lavoro realizzato, dimentico immediatamente tutto quanto. E devo dire che gli occhi di quell’americano si sono davvero accesi per la lampada che mi aveva richiesto, proprio come i miei quando mi sono venute in mente le mille altre cose che avrei potuto realizzare con la nuova tecnica inventata apposta per lui.

E resto convinta che solo chi ha inventato una tecnica può padroneggiarla fino in fondo: gli altri possono solo cercare di imitare.